Obesità, chiesto riconoscimento come patologia invalidante
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Il Sistema sanitario nazionale non riconosce ancora l'obesità come malattia altamente invalidante e come importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili: l'appello a correggere questa anomalia giunge dalle società scientifiche, che si sono riunite a Matera, in occasione del primo Forum nazionale obesità.
Giuseppe Fatati, presidente dell'Italian Obesity Network, il gruppo scientifico coordinato dall'Associazione italiana dietetica e nutrizione clinica, rileva che fino ad oggi l'obesità è stata considerata soltanto una questione estetica. «Questo ha contribuito alla sua diffusione, così come di tutte le patologie associate, prima fra tutte il diabete, ma anche dell'aumento del suo stigma. La persona con obesità - dice Fatati - viene fortemente penalizzata dal punto di vista sociale ed economico. La discriminazione è talmente forte che può portare all'isolamento, a disturbi psicologici, in particolare alla depressione, e persino al suicidio, come attesta la letteratura internazionale».
Gli italiani obesi sono circa 5,4 milioni e oltre 23 milioni hanno un eccesso di peso; tuttavia, come sottolinea Fatati, «affrontare seriamente il problema non significa per forza aumentare la spesa sanitaria anzi, in termini di prevenzione delle malattie associate, trattare l'obesità comporta in prospettiva un risparmio. Ma per un approccio corretto c'è l'assoluta necessità di tipizzare meglio il paziente obeso; non possiamo considerare tutti come se fossero malati, ma soltanto quei soggetti che hanno un aumento dell'obesità viscerale e quindi un rischio metabolico vero oltre a quelli che hanno un indice di massa corporea particolarmente alto».
Le conclusioni operative del forum di Matera evidenziano la necessità di coordinare strategie comuni per fare attività sia preventive che assistenziali: «concentrarsi solo sulla prevenzione - sostiene Fatati - vorrebbe dire dimenticare gli obesi veri che costituiscono il 10% della nostra popolazione, ma limitarsi al trattamento significherebbe ignorare il resto della popolazione. Il livello assistenziale per l'obeso va certamente migliorato, con un piano concordato con il Servizio sanitario nazionale, che sia fattibile ma che eviti alcune scorciatoie: oggi la chirurgia per il grande obeso e anche per le persone con indice di massa corporea superiore a 35 e con delle patologie già conclamate va a rimborso del Ssn, ma non risolve tutti i problemi e può anzi comportare un peggioramento della qualità della vita. Questo accade perché la chirurgia dovrebbe essere preceduta dalla presa in carico da parte di una struttura polispecialistica e multidisciplinare di ambito medico, che riesca a stratificare il paziente e a seguirlo dopo l'intervento, mentre ora è in genere abbandonato a sé stesso».
Giuseppe Fatati, presidente dell'Italian Obesity Network, il gruppo scientifico coordinato dall'Associazione italiana dietetica e nutrizione clinica, rileva che fino ad oggi l'obesità è stata considerata soltanto una questione estetica. «Questo ha contribuito alla sua diffusione, così come di tutte le patologie associate, prima fra tutte il diabete, ma anche dell'aumento del suo stigma. La persona con obesità - dice Fatati - viene fortemente penalizzata dal punto di vista sociale ed economico. La discriminazione è talmente forte che può portare all'isolamento, a disturbi psicologici, in particolare alla depressione, e persino al suicidio, come attesta la letteratura internazionale».
Gli italiani obesi sono circa 5,4 milioni e oltre 23 milioni hanno un eccesso di peso; tuttavia, come sottolinea Fatati, «affrontare seriamente il problema non significa per forza aumentare la spesa sanitaria anzi, in termini di prevenzione delle malattie associate, trattare l'obesità comporta in prospettiva un risparmio. Ma per un approccio corretto c'è l'assoluta necessità di tipizzare meglio il paziente obeso; non possiamo considerare tutti come se fossero malati, ma soltanto quei soggetti che hanno un aumento dell'obesità viscerale e quindi un rischio metabolico vero oltre a quelli che hanno un indice di massa corporea particolarmente alto».
Le conclusioni operative del forum di Matera evidenziano la necessità di coordinare strategie comuni per fare attività sia preventive che assistenziali: «concentrarsi solo sulla prevenzione - sostiene Fatati - vorrebbe dire dimenticare gli obesi veri che costituiscono il 10% della nostra popolazione, ma limitarsi al trattamento significherebbe ignorare il resto della popolazione. Il livello assistenziale per l'obeso va certamente migliorato, con un piano concordato con il Servizio sanitario nazionale, che sia fattibile ma che eviti alcune scorciatoie: oggi la chirurgia per il grande obeso e anche per le persone con indice di massa corporea superiore a 35 e con delle patologie già conclamate va a rimborso del Ssn, ma non risolve tutti i problemi e può anzi comportare un peggioramento della qualità della vita. Questo accade perché la chirurgia dovrebbe essere preceduta dalla presa in carico da parte di una struttura polispecialistica e multidisciplinare di ambito medico, che riesca a stratificare il paziente e a seguirlo dopo l'intervento, mentre ora è in genere abbandonato a sé stesso».
fonte:
Farmacista 33
