Ulcera lieve moderata, gli esperti: necessario aumentare aderenza terapia
L'ulcera lieve moderata colpisce circa 150 mila persone in Italia, ma almeno il 40% dei pazienti non si attiene ai trattamenti prescritti determinando un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità. È quanto emerge dal convegno "The Choice dosaggi e aderenza nella cura della Cu lieve moderata" svoltosi a Milano.
L'evento, realizzato con il contributo non condizionante di Ferring S.p.A., ha visto la partecipazione di esperti nazionali, specialisti provenienti da tutta Italia, e rappresentanti dell'associazione Amici Onlus (Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell'intestino). L'obiettivo è stato quello di condividere evidenze scientifiche ed esperienze cliniche relative al ruolo dell'aderenza terapeutica come strumento di cura, all'importanza dell'alleanza medico paziente finalizzata al raggiungimento dell'obiettivo clinico e della qualità della vita del malato.
«In Italia si stima che siano affette da malattie infiammatorie croniche intestinali in totale più di 250 mila persone - afferma il dott. Marco Daperno, segretario Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease -. Oggi rispetto al passato la mortalità è scesa drasticamente raggiungendo l'1-2% circa. Non va in ogni caso trascurato come la colite ulcerosa abbia un risvolto pesante sulla quotidianità delle diverse tipologie di paziente».
La colite ulcerosa lieve moderata infatti, è una malattia invalidante che colpisce circa 150 mila persone in Italia. Per controllarla sono disponibili diversi farmaci tra i quali la mesalazina che rappresenta la terapia di prima linea secondo le più recenti linee guida della European Crohn's and Colitis Organisation (Ecco). L'aderenza alla terapia risulta però scarsa - almeno il 40% dei pazienti non si attiene alle indicazioni date dal medico curante -, e rappresenta la principale causa di non efficacia delle cure farmacologiche.
«È fondamentale riuscire ad intervenire tempestivamente con un trattamento in grado di controllare la malattia - sottolinea il prof. Paolo Gionchetti, dirigente medico presso la Struttura semplice dipartimentale per le Malattie infiammatorie croniche intestinali dell'Università di Bologna -. Le terapie farmacologiche possono dare risultati significativi solo se vengono assunte correttamente nei tempi, nelle dosi e nei modi indicati, per bloccare l'infiammazione ed evitare la comparsa di recidive. L'instaurarsi di una reale alleanza medico-paziente è un elemento cruciale nel processo di cura, soprattutto nei casi di patologie che richiedono approcci terapeutici long-term da assumere anche per il resto della vita».
L'evento, realizzato con il contributo non condizionante di Ferring S.p.A., ha visto la partecipazione di esperti nazionali, specialisti provenienti da tutta Italia, e rappresentanti dell'associazione Amici Onlus (Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell'intestino). L'obiettivo è stato quello di condividere evidenze scientifiche ed esperienze cliniche relative al ruolo dell'aderenza terapeutica come strumento di cura, all'importanza dell'alleanza medico paziente finalizzata al raggiungimento dell'obiettivo clinico e della qualità della vita del malato.
«In Italia si stima che siano affette da malattie infiammatorie croniche intestinali in totale più di 250 mila persone - afferma il dott. Marco Daperno, segretario Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease -. Oggi rispetto al passato la mortalità è scesa drasticamente raggiungendo l'1-2% circa. Non va in ogni caso trascurato come la colite ulcerosa abbia un risvolto pesante sulla quotidianità delle diverse tipologie di paziente».
La colite ulcerosa lieve moderata infatti, è una malattia invalidante che colpisce circa 150 mila persone in Italia. Per controllarla sono disponibili diversi farmaci tra i quali la mesalazina che rappresenta la terapia di prima linea secondo le più recenti linee guida della European Crohn's and Colitis Organisation (Ecco). L'aderenza alla terapia risulta però scarsa - almeno il 40% dei pazienti non si attiene alle indicazioni date dal medico curante -, e rappresenta la principale causa di non efficacia delle cure farmacologiche.
«È fondamentale riuscire ad intervenire tempestivamente con un trattamento in grado di controllare la malattia - sottolinea il prof. Paolo Gionchetti, dirigente medico presso la Struttura semplice dipartimentale per le Malattie infiammatorie croniche intestinali dell'Università di Bologna -. Le terapie farmacologiche possono dare risultati significativi solo se vengono assunte correttamente nei tempi, nelle dosi e nei modi indicati, per bloccare l'infiammazione ed evitare la comparsa di recidive. L'instaurarsi di una reale alleanza medico-paziente è un elemento cruciale nel processo di cura, soprattutto nei casi di patologie che richiedono approcci terapeutici long-term da assumere anche per il resto della vita».
fonte:
Farmacista 33